Giovedì 23 febbraio 2023alle ore 17,30, seduta accademica dalla Biblioteca “Lionello Poletti” dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, in via del Gregorio, 13 (Piazza Ariostea).


Sarà consentito seguire l’evento in presenza, fino a esaurimento dei posti disponibili o in collegamento streaming al seguente link: meet.google.com/wmm-nmwc-fei


La seduta è aperta a tutta la cittadinanza interessata all’evento.


  • Saluto della Presidente dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, prof.ssa Alessandra Fiocca (professore ordinario e prorettrice dell’Università di Ferrara)
  • seduta tenuta dal prof. Marco Magri (professore ordinario di diritto amministrativo, dipartimento di scienze giuridiche Università di Ferrara)

Abstract

Il mutamento del clima pone la scienza giuridica dinanzi a questioni di notevole spessore. Da decenni l’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra è uno dei compiti dello Stato. Negli ultimi anni la situazione è mutata. L’umanità non sembra più appagarsi di un potere politico che si organizza per sole finalità di sviluppo sostenibile, mettendo sotto controllo l’inquinamento in modo tale da farlo rientrare in uno standard destinato a rappresentare il suo limite tendenzialmente a tempo indeterminato. Questo è stato il compito storico del diritto ambientale. Eppure la nozione giuridica di ambiente, che proprio ora ha fatto il suo ingresso nella Costituzione italiana (articoli 9 e 41) ha forse un’intelaiatura concettuale relativa a un bene (in senso giuridico) diverso dal clima. Il contenimento delle emissioni climalteranti esige che le decisioni pubbliche si ispirino alla programmazione di un risultato verificabile a breve, medio, lungo termine, dalle generazioni presenti e da quelle future. La conseguenza è che allora anche la politicità dello Stato, nell’accezione tramandataci dalle dottrine del diritto pubblico, sembra vacillare, sotto la spinta di istanze soggettivistiche che tendono a farsi portatrici di una pretesa a reclamare quel risultato come diritto. Ecco da dove nasce la teorizzazione e sempre più frequente messa in pratica, nelle Corti giudiziarie, di un vero e proprio diritto umano al clima, immediatamente tutelabile, non più creato dalla legislazione; una sorta di diritto naturale o innato dell’individuo. Il diffondersi in tutto il Pianeta, dopo gli Accordi Parigi, del cosiddetto contenzioso climatico ne è la riprova: pronunciamenti di giudici di sistemi diversissimi convergono sul principio che il diritto al contenimento delle emissioni sia un diritto dell’essere umano in quanto tale, la cui appartenenza al sistema giuridico prescinde largamente da un previo atto di riconoscimento e di protezione da parte dello Stato. Diventa allora interessante chiedersi se e come possa avvenire la fondazione della disciplina giuridica di questo diritto. Non meno interessante è interrogarsi in merito ai temi della pubblica amministrazione e del Governo: le leggi disciplinanti l’intervento pubblico sulle attività economiche correlate alla limitazione delle emissioni si sono rivelate foriere di modelli di amministrazione e di rapporti giuridici tra privati ed enti pubblici del tutto inediti rispetto agli schemi tradizionali, incentrati sul potere discrezionale dell’autorità. La relazione si soffermerà sugli aspetti di cui sopra e cercherà di approfondirne i significati. Senza dimenticare un famoso adagio: “non è oro tutto quel che luccica”. Il compiuto del diritto pubblico – sottoporre il potere a regole – non può non vedere il rischio che si affermino nuove supremazie sregolate, ad esempio nell’aggregazione sociale spontanea tendente a generare nuove forme rappresentative (anche in sede processuale) dei titolari della pretesa verso lo Stato; oppure nell’organizzazione di poteri amministrativi dalla struttura giuridica opaca e difficilmente giustiziabile (tipico il caso delle sovvenzioni industriali per le energie rinnovabili, il mercato delle quote di emissione o di altre forme di incentivazione).